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Pimentel, Eleonora de Fonseca: Sonetti in morte del figlio (5)
#1
Eleonora de Fonseca Pimentel

Sonetti in morte del figlio

I.


Figlio, tu regni in Cielo, io qui men resto
Misera, afflitta, e di te orba e priva;
Ma se tu regni, il mio gioire è questo,
Tua vita è spenta e la mia speme è viva.

Anzi la Fede e cresce e si ravviva.
E per essa al dolor la gioia innesto:
Ché il viver fora al paragon molesto,
E tutti ottien chi al tuo morir arriva.

E parte di tua gloria in me discende,
Che l'esser madre di uno spirto eletto
L'alma devota in caritate accende.
Ma il laccio di natura in terra è stretto.
Ah. se per morte ancora in Ciel sì stende,
Prega tu pace all'affannato petto!


II.

Figlio, mio caro figlio, ahi! l'ora è questa
Ch'io soleva amorosa a te girarmi,
E dolcemente tu solei mirarmi
A me chinando la vezzosa testa.

Del tuo ristoro indi ansiosa e presta
I' ti cibava; e tu parevi alzarmi
La tenerella mano, e i primi darmi
Pegni d'amor: memoria al cor funesta.

Or chi lo stame della dolce vita
Troncò, mio caro figlio, e la mia pace,
Il mio ben, la mia gioia ha in te fornita?

Oh di medica mano arte fallace!
Tu fosti mal accorta in dargli aita,
Di uccider più, che di sanar, capace.


III.

Sola fra miei pensier sovente i' seggio,
E gli occhi gravi a lagrimar m'inchino,
Quand'ecco, in mezzo al pianto, a me vicino.
Improvviso apparir il figlio i' veggio.

Egli scherza, io lo guato, e in lui vagheggio
Gli usati vezzi e 'l volto alabastrino;
Ma come cerca son del suo destino,
Non credo agli occhi, e palpito, ed ondeggio.

Ed or la mano stendo, or la ritiro,
E accendersi e tremar mi sento il petto
Finché il sangue agitato al cor rifugge.

La dolce visione allor sen fugge;
E senza ch'abbia dell'error diletto,
La mia perdita vera ognor sospiro.


IV

O splenda il sole, o tuffi il carro adorno,
Ovunque gli occhi di fissar procuro,
Sempre presente al mio pensier figuro
Della morte del figlio il crudo giorno.

Le meste faci scintillargli intorno
Dell'ombre io veggio in fra l'orrore oscuro,
E agonizzar spirante il raffiguro
Se, dove luce, a rimirar ritorno.

E se, cercando al mio dolor conforto,
Talor m'involo alla spietata soglia,
Dubbio e spavento, empi compagni, io porto.

E allor che fra le mura il pié riporto,
Parmi che in tetra faccia ognun m'accoglia,
E gridi: - ahi te infelice. il figlio è morto!


V.

Le meste rime del Cantor toscano
Lessi sovente e piansi al suo dolore,
Compassionando lui che per amore
Laura piangeva e la piangeva in vano.

Poiché con cruda inesorabil mano
Morte del figlio troncato ha l'ore,
Sfogo in versi pur io l'afflitto core,
E il duol raddoppio per sé stesso insano.

Or chi più giusto oggetto a' pianti suoi
Ebbe, e in affanno più crudel si dolse?
Anime di pietà, ditelo voi.

D' accesa mente acerbo frutto ci colse,
Io di dover, che più sacro è fra noi:
Ei perché volle, io perch'e il Ciel lo volse.
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