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Del mio pensier, che così veggio audace,
#1
Del mio pensier, che così veggio audace,
timor freddo com'angue il cor m'assale;
di lino e cera egli s'ha fatto l'ale,
disposte a liquefarsi ad ogni face.

E quelle, del desir fatto seguace,
spiega per l'aria e temerario sale,
e duolmi ch'a ragion poco ne cale,
che devria ostarli e sel comporta e tace.

Per gran vaghezza d'un celeste lume
temo non poggi sì, ch'arrivi in loco
dove s'incenda e torni senza piume.

Seranno, oimè! le mie lacrime poco
per soccorrergli poi, quando né fiume
né tutto il mar potrà smorzar quel foco.
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