Rime - Parte prima 121 - 126 (6) - Druckversion +- Sonett-Forum (https://sonett-archiv.com/forum) +-- Forum: Sonett-Archiv (https://sonett-archiv.com/forum/forumdisplay.php?fid=126) +--- Forum: Sonette aus romanischen Sprachen (https://sonett-archiv.com/forum/forumdisplay.php?fid=857) +---- Forum: Italienische Sonette (https://sonett-archiv.com/forum/forumdisplay.php?fid=821) +----- Forum: Italienische Autoren B (https://sonett-archiv.com/forum/forumdisplay.php?fid=1399) +------ Forum: Giovanni Boccaccio (https://sonett-archiv.com/forum/forumdisplay.php?fid=1224) +------ Thema: Rime - Parte prima 121 - 126 (6) (/showthread.php?tid=22313) |
Rime - Parte prima 121 - 126 (6) - ZaunköniG - 29.09.2012 CXXI Poi satiro sei fatto sì severo nella mia colpa ed étti sì molesta, credo sarebbe cosa assai onesta prima lavasse il tuo gran vitupero, che mordesse l’altrui: uom sa, per vero, la dolorosa e puzzolente festa che festi del tuo nato, quand’in questa vita ’l produsse il natural sentiero. Né lascia questo divenire antiquo l’infamia tua, ché nel cinquantesmo gravida avevi quella cui tenevi. O crudel patre, o sacerdote iniquo! Poi, dov’uom scarca ’l ventre, per battesmo si died’a quel cui generato avevi. CXXII S’io ho le Muse vilmente prostrate nelle fornice del vulgo dolente, e le lor parte occulte ho palesate alla feccia plebeia scioccamente, non cal che più mi sien rimproverate sì fatte offese, perché crudelmente Appollo nel mio corpo l’ha vengiate in guisa tal, ch’ogni membro ne sente. Ei m’ha d’uom fatto un otre divenire, non pien di vento, ma di piombo grave tanto, ch’appena mi posso mutare. Né spero mai di tal noia guarire, sì d’ogni parte circondato m’have; ben so però che Dio mi può aiutare CXXIII Se Dante piange, dove ch’el si sia, che li concetti del suo alto ingegno aperti sieno stati al vulgo indegno, come tu di’, della lettura mia, ciò mi dispiace molto, né mai fia ch’io non ne porti verso me disdegno: come ch’alquanto pur me ne ritegno, perché d’altrui, non mia, fu tal follia. Vana speranza e vera povertate e l’abbagliato senno delli amici e gli lor prieghi ciò mi fecer fare. Ma non goderan guar di tal derrate questi ingrati meccanici nimici d’ogni leggiadro e caro adoperare. CXXIV Già stanco m’hanno e quasi rintuzzato le rime tua accese in mia vergogna; e quantunque a grattar della mia rogna io abbia assai nel mio misero stato, pur ho tal volta, da quelle sforzato, risposto a quel che la tua penna agogna, la qual non fu temperata a Bologna, se ben ripensi il tuo aspro dettato. Detto ho assai che io cruccioso sono di ciò che stoltamente è stato fatto, ma frastornarsi non si puote omai. Però ti posa ed a me dà perdono, ch’io ti prometto ben che ’n tal misfatto più non mi spingerà alcun giammai CXXV Io ho messo in galea senza biscotto l’ingrato vulgo, e senza alcun piloto lasciato l’ho in mar a lui non noto, ben che sen creda esser maestro e dotto: onde el di su spero veder di sotto del debol legno e di sanità voto; né avverrà, perch’ei sappia di nuoto, che non rimanga lì doglioso e rotto. Ed io, di parte eccelsa riguardando, ridendo, in parte piglierò ristoro del ricevuto scorno e dell’inganno; e tal fiata, a lui rimproverando l’avaro senno ed il beffato alloro, gli crescerò e la doglia e l’affanno. CXXVI Or sei salito, caro signor mio, nel regno, al qual salire ancor aspetta ogn’anima da Dio a quell’eletta, nel suo partir di questo mondo rio; or se’ colà, dove spesso il desio ti tirò già per veder Lauretta; or sei dove la mia bella Fiammetta siede con lei nel cospetto di Dio. Or con Sennuccio e con Cino e con Dante sicuro d’etterno riposo mirando cose da noi non intese. Deh, s’a grado ti fui nel mondo errante, tirami drieto a te, dove gioioso veggia colei che pria d’amor m’accese |