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SONETTI (4) - ZaunköniG - 22.12.2008 SONETTI uge dilecte mi etc. I Fuggi diletto mio di qua lontano E cerca aura miglior che si console; Perocché questa terra è un oceano Di colpe, e lorda è la mortale prole. Deh! fuggi presto per l' etereo vano. Sotto i pie rotear vedrai lo sole, Né colassù sarà ascoltato invano Il suon celeste delle tue parole. Ma deh! non ci lasciar soli, che forte La lusinga del mondo ingannatrice Ci porterà l'eterna ombra di morte. Deh! fa la melodia della tua voce Risentir a noi gente peccatrice: Resta, e per te trionferà la Croce. indice II Una est Columba mia etc, (Cant. 6. v. 8) Una è la mia colomba, una; ed alberga In campo aperto ove non è squallore, E ove avvien che la pura aura la asperga; E il sole le innocenti ale le indore. Deh! nessuno augeletto il volo verga Dal di lei canto che langue d'amore, Che chi a quel canto suo volge le terga In un momento illanguidisce e muore, Le si vadano intorno radunando Tutti i dipinti albergator dell'aria Baciandosi d'amore, e sussurando. Senza timor le stiano sempre insieme Perché la colombella solitària Dell'artiglio del nibbio unqua non teme. indice III Veni de libano, sponsa mea. Fra già l'ora in cui stellatto è l'etere E il primo sonno i sensi miei delibano Quando voce sentii che al suon di cetere Vieni Donna, dicea, vieni dal Libano . Vieni il ciel tutto quanto udii ripetere In suon che i versi miei non fia che scribano, E le strade s'empian tutte dell'etere, Di viva luce e d'odoroso olibano. Quando apparve improvviso un sol fra gli angeli, E spingo i bracci in alto, e disintricoli, Che amor delle bellezze eterne tangeli. Ahi! perché sparve e perché questi labili Sensi invece di star infra i celicoli Son qui tra il vizio, e la virtude instabili? indice IV Mentre vanno con altri a competere Cantor bagiardi e fiori ascrei delibano. Io vo ispirarmi infra l'eteree cetere, Ispirarmi fra i cedri alti del Libano. Quei che Dante godea carmi ripetere Fia che il gralo stil da me si scribano, E saliranno al Creator dell'etere Fragranti al par di vaporoso olibano. Sempre i miei versi parleranno d'Angeli, E degli uomini guasti io disintricoli, Che fuor che la melode altro non tangeli E così fia che i miei pensieri labili Spesso ergendosi caldi infra i cilicoli Non sien tra i vizio e la virtude instabili. |