27.09.2012, 15:56
Né l’alba mai, poi che ‘l suo strazio rio
vien Progne, ombrose valli, a pianger vosco,
quando ‘l ciel fosse in sul mattin men fosco,
di braccia al vecchio suo sì bionda uscìo;
né ‘n riva di corrente e largo rio
chiome spiegò d’april tenero bosco
sì vaghe, come il sol ch’io sol conosco
sparger tra voi le sue talor vid’io.
E or le tronca empio destino acerbo,
e ‘mpoverisce Amor del suo tesoro:
a noi sì cara vista invidia e toglie.
Deh chi ‘l mio nodo rompe e me non scioglie?
Avess’io parte almen di quel dolce oro,
per mitigar il duol che nel cor serbo.
vien Progne, ombrose valli, a pianger vosco,
quando ‘l ciel fosse in sul mattin men fosco,
di braccia al vecchio suo sì bionda uscìo;
né ‘n riva di corrente e largo rio
chiome spiegò d’april tenero bosco
sì vaghe, come il sol ch’io sol conosco
sparger tra voi le sue talor vid’io.
E or le tronca empio destino acerbo,
e ‘mpoverisce Amor del suo tesoro:
a noi sì cara vista invidia e toglie.
Deh chi ‘l mio nodo rompe e me non scioglie?
Avess’io parte almen di quel dolce oro,
per mitigar il duol che nel cor serbo.